sabato 25 febbraio 2012

ARTICOLO 18, DISONESTA' INTELLETTUALE ED OPPORTUNISMO POLITICO

LEGGE 300/70 - ART. 18. - Reintegrazione nel posto di lavoro.



"Ferma restando l'esperibilità delle procedure previste dall'art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, il giudice, con la sentenza con cui dichiara inefficace il licenziamento ai sensi dell'art. 2 della legge predetta o annulla il licenziamento intimato senza giusta causa o giustificato motivo ovvero ne dichiara la nullità a norma della legge stessa, ordina al datore di lavoro di reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro. - omissis -


Questa è l'essenza del famoso articolo 18, intorno al quale sembra essersi fermata la discussione che riguarda il rinnovamento del mercato del lavoro in Italia, quasi che questo fosse un muro di Berlino, solo saltando oltre il quale si possa trovare la libertà.


E' difficile immaginare un motivo veramente valido, oggettivamente giustificabile per il quale la possibilità di ripresa di un Paese, la possibilità di ampliare il lavoro giovanile, la stessa vita economica di un Paese, dovrebbe dipendere dal fatto che si debba permettere ai datori di lavoro di licenziare i Lavoratori senza giusta causa o senza giustificato motivo. Perché insomma, sia vitale per il nostro Paese che i Datori di Lavoro debbano poter licenziare i propri dipendenti a proprio capriccio, senza una ragione, e che quindi i Lavoratori non debbano avere più' alcun diritto.


E' fondamentale comprendere infatti quanto siano strumentali tutte le discussioni intorno alle ipotesi di "modificare l'art.18": in un articolo così' semplice c'è ben poco da modificare: o si tutela il diritto fondamentale del Lavoratore ad essere licenziato solo in presenza di una ragione oggettivamente valida, oppure non lo si fa. L'articolo di questa Legge, infatti, non si addentra tra quelle che possono essere considerate ragioni valide per il licenziamento di un lavoratore , non analizza i fattori di giusta causa nè quelli di giustificato motivo. Semplicemente pone un punto fermo: non si può' licenziare un lavoratore a proprio capriccio, il rapporto di lavoro non è un ghiribizzo del Datore di lavoro, non è un rapporto nel quale valgono solo gli interessi di una parte, ma è un rapporto che impegna entrambe le parti in causa allo stesso modo e con la stessa dignità. L'instaurazione di un rapporto di lavoro, per la parte datoriale fa parte di un progetto economico , di un piano industriale basato su calcoli, commesse , profitti , sviluppo. Ma per il lavoratore fa parte di un progetto di vita, sul quale si fonda la possibilità di acquistare una casa, di progettare una famiglia ed in ultima analisi di creare la Società e di fare girare l'economia del paese. E ' giusto dunque che un contratto di lavoro, come del resto tutti i contratti, impegnino entrambe le parti.


Quindi nel 1970 , con questa Legge, oltre a rimarcare i principi contenuti nell'art.41 della Costituzione, si sono affermati postulati che sono fondanti per il progresso e la affermazione della Società moderna. Postulati che oggi in Europa hanno preso il nome di Responsabilità Sociale di Impresa, che si riflettono nell'Accordo Europeo sullo Stress lavoro Correlato del 2004, che sono insomma i postulati di quella volontà di riportare la centralità sull'uomo e sul lavoro, in modo particolare dopo che la spaventosa crisi che sta attraversando il pianeta ha evidenziato la drammatica fragilità della economia finanziaria.


E' quindi ancora più' curioso sentire dalle labbra dei vari politicanti la affermazione che la rimozione dell'art.18 sarebbe chiesta dall'Europa.


Sembra invece evidente che in realtà una certa parte del Paese, una certa parte Politica, assieme ad una consistente parte dei poteri forti della Economia del Paese, stiano cercando di approfittare della crisi, e quindi della debolezza delle classi lavoratrici, per portare un colpo mortale ai diritti dei lavoratori e quindi acquisire un potere enorme.


Vale la pena di dire, a questo proposito, che nella quotidianità delle cause di lavoro l'art.18 appare poco, secondo le statistiche circa nel 1 % della cause di lavoro, e che in un anno porta a circa un centinaio di reintegri su una popolazione di lavoratori di decine di milioni di persone. Ma rappresenta sicuramente un deterrente, ed una affermazione di principio.


Appare chiaro che, senza l'art.18 i primi ad essere licenziati dal capriccio del datore di Lavoro sarebbero quei lavoratori che reclamano diritti, che protestano per le ingiustizie, che chiedono la applicazione delle misure di sicurezza eccetera. E che quindi si verrebbe a creare progressivamente una classe di lavoratori passivi e senza diritti .


Discutere su questo articolo insomma non è finalizzato a dare forma, a riformare al mercato del lavoro, ma può' essere finalizzato soltanto a sbilanciare in maniera assoluta ogni rapporto di lavoro a vantaggio dei datori di lavoro.


Per riformare il mercato del lavoro si potrebbe ridiscutere la definizione di giusta causa, di giustificato motivo, si potrebbero raggiungere accordi su cosa si possa intendere per valida ragione per licenziare. Ma toccare il principio che difende i lavoratori dall'ingiustizia no


Sarebbe come abrogare la Costituzione o la Carta dei Diritti dell'Uomo


Questo è , o dovrebbe essere, evidente , a tutti gli attori di questa commedia, politici per primi


E' quindi evidente che quando i Politici fingono di ragionare intorno all'art.18, parlando di tabu', di vecchi retaggi eccetera, inventandosi possibilisti su "modifiche" di questo articolo in realtà stanno facendo un esercizio di disonestà intellettuale.


Perché fingendo di discutere , di ragionare su questo articolo, tentano (e con buon successo purtroppo, a quanto pare) di instillare nel pubblico degli elettori l'idea che la questione dell'art.18 abbia una infinità di sfumature che debbono essere interpretate, e che le soluzioni a questa questione possano essere diverse. Che si possano insomma apportare a questo articolo delle modifiche senza stravolgerne la natura. Sono evidentemente insinuazioni capziose e devianti, con le quali i politicanti preparano il terreno a cedere l'art.18 in cambio della possibilità di rimanere sulla scena politica.


E questa è la parte che prende il nome di opportunismo politico. Il Governo Monti è un evento nuovo ed assolutamente inedito per quanto riguarda la zoppicante vita politica italiana. Ed è una straordinaria opportunità per i politicanti di lungo corso di studiare la situazione e reinserirsi con la migliori opportunità nella vita politica


Per la prima volta nella vita politica italiana, l'eterno conflitto dei partiti è stato stoppato, e si è inserito un elemento nuovo, un Jolly che ha fermato le bocce, prendendo decisioni assolutamente impopolari che avrebbero distrutto qualsiasi formazione politica e permettendo alle formazioni politiche di stare alla finestra e ritagliarsi un nuovo profilo e con esso un futuro, in attesa che Monti ci riconsegni un Paese purificato con il fuoco e quindi più' facilmente gestibile. Tuttavia, in questo gioco a bocce ferme molte cose si muovono, tutti cercano di riposizionarsi al meglio per quanto il gioco ripartirà, e si agitano tanto i partiti che i poteri forti


In questo momento storico unico e irripetibile, una certa politica assieme ai poteri forti dell'economia hanno una occasione straordinaria per spostare pesantemente il corso della storia sindacali, abolendo l'art.18 e quindi minando tutto l'impalcato del diritto sindacale. Mettersi contro questa manovra può' portare l'incauto politico fuori dai giochi, perché l'idea che sta passando è che bisogna abolire le tutele per aumentare le assunzioni e molti elettori ci credono, senza contare che in questa fluidità inedita incombono possibilità di alleanze inedite perché quelle esistenti sembrano molto traballanti, in particolari gli equilibri tra PDL, Lega e FLI, ed anche il politico PD può' trovare conveniente strizzare l'occhio a soggetti i sino a ieri impensabili


Giochi politici e giochi di potere sulla pelle dei lavoratori, dei giovani che non trovano lavoro, dei lavoratori che il lavoro hanno paura di perderlo


M a nessuno di coloro che si dice possibilista sulla abolizione ( o "modifica") dell'art.18 nell'interesse dei lavoratoi è in buona fede. E nessuno di chi è possibilista sulla abolizione dell'art.18 è amico dei lavoratori passati, presenti e futuri.


Ricordiamolo , se e quando ritorneremo alle urne elettorali .

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