venerdì 15 dicembre 2023

MONFALCONE, FORT ALAMO IN SALSA BISIACA

  Le attuali scelte della Amministrazione comunale di Monfalcone potrebbero, e forse dovrebbero mettere in discussione l'ampio consenso sino a qui ricevuto da parte dei cittadini .Un consenso, in gran parte personale della Sindaco Anna Cisint testimoniato  se non altro dai travolgenti risultati alle urne  che hanno portato alla sua rielezione. Personalmente credo che anche chi non condivide l'orientamento politico di questa Amministrazione  abbia apprezzato diverse  cose che da essa sono state fatte, dalla conclusione di opere iniziate dalle precedenti Amministrazioni ma che sembravano arenate, all'avviamento dei lavori per la ristrutturazione e sistemazione  del porticciolo  ed annessa rotatoria, alle piccole e grandi cose, che hanno portato a rimettere a posto diversi angoli di Monfalcone, al neonato Museo medievale, la valorizzazione della Galleria di Arte Contemporanea, prima quasi sempre chiusa , a tutta una serie di iniziative a favore del commercio che le precedenti amministrazioni avevano parecchio bistrattato. Senza voler fare un elenco esaustivo,  le cose positive sono diverse ed  è chiaro che il modo nel quale la Città di Monfalcone viene amministrata in genere piace.


Tuttavia, bisogna rendersi conto che il giudizio sulll'operato di una Amministrazione comunale non può' limitarsi a qualcosa di analogo alla amministrazione di un condominio: manutenzioni, ampliamenti miglioramenti eccetera. ma che deve comprendere la sua funziona sociale, e qui purtroppo i dubbi non mancano, specie negli ultimi mesi


Monfalcone vive all'ombra della Grande Fabbrica (cit) , il Cantiere , che ha trasformato un villaggio di pescatori e cestai in una città industriale, a costo di consistenti immigrazioni da più' di cent'anni a questa parte, ed a partire dagli ultimi venti/venticinque anni queste immigrazioni hanno portato qui un consistente aumento di  stranieri di diversi usi e religioni, in particolare una consistente comunità proveniente dal Bangladesh , di religione islamica. Va detto che in passato, gli stranieri che qui arrivavano si inserivano progressivamente in un tessuto sociale tutto sommato  abbastanza coeso, anche perché gli arrivi non erano stati sinora così' massicci,  ma partire del cambiamento delle politiche di Fincantieri in tema di personale, alla fine degli anni 90 del secolo scorso, la dismissione delle assunzioni dirette in favore del subappalto, ha portato a notevoli stravolgimenti nel tessuto sociale della Città. 


A mio avviso questi processi di cambiamento non sono stati adeguatamente gestiti neanche dalle Amministrazioni precedenti, che a loro volta si sono concentrate su aspetti più materiali, in particolare viabilità ed arredo urbano ( con scelte  anche discutibili ) Pero', se è ben vero che non è stata gestita l'accoglienza, ora siamo arrivati a quella che sembra una  vera e propria resistenza, della quale non si intravedono le finalità.


Già alcuni anni fa la comunità bengalese aveva acquistato, con una raccolta di fondi, un area sede di attività commerciali dismesse  in via I maggio per istituirvi un centro culturale o un centro di preghiera, comunque un centro di riferimento per la comunità islamica. Le richieste della comunità islamica avevano dato vita ad un contenzioso che alla fine aveva portato alla bocciatura del progetto. Erano state contestate al Comune la destinazione d'uso dell'area ed una serie di norme  edilizia, con sentenza definitiva del Consiglio di Stato. A molti è sembrato evidente che le norme edilizie opposte erano state in realtà  funzionali ad impedire le formazione di un centro di aggregazione della comunità islamica, perché volendo, le destinazioni d'uso si possono cambiare, i problemi edilizi si possono risolvere.


Successivamente, in questi giorni, sono stati chiusi due luoghi di aggregazione in via Duca d'Aosta ed in via Don Fanin, con ordinanze che facevano riferimento al sovraffollamento dei locali , non destinati ad accogliere un numero elevato di persone, evidentemente soprattutto per problemi strutturali. Anche qui le ordinanze sono legalmente ineccepibili, e con motivazioni tecnicamente non discutibili, tuttavia il Sindaco nelle sue dichiarazioni, specie nelle dirette video sui Social media ha più' volte ribadito che l'intento era quello di chiudere i luoghi di preghiera, in quanto possibili luoghi di islamizzazione esasperata e di fondamentalismo islamico, perché dal momento che in questi luoghi si parla in arabo non è possibile capire di cosa parlano e quindi potrebbe trattarsi di propaganda.

 

Credo che quest'ultimo punto sia particolarmente importante, perché rivela che al di la degli aspetti tecnici legati alla sicurezza, questo denoti un atteggiamento ideologico perlomeno discutibile.


La comunità islamica a Monfalcone è piuttosto importante, circa un terzo degli abitanti di Monfalcone è straniero e la comunità proveniente dal Bangladesh conta da sola tra i 4000 ed i 5000 componenti.


Bisogna dire che queste persone sono venute qui non con in barconi o nel sottofondo di un TIR ma sono arrivati qui per lavorare in Fincantieri. Sono immigrati regolari, che qui resteranno, ed uno scontro frontale sul tema religioso appare come un qualcosa di estremamente pericoloso, perché suscettibile di creare esasperazione, risentimento e quindi ostilità 


Io credo che chiudere continuamente i loro luoghi di aggregazione non possa fare altro che esasperare gli animi e contribuire a fare sentire la comunità bengalese come accerchiata in un territorio ostile. Del resto chi di noi , emigrando in altro Paese per lavorare accetterebbe di dover rinunciare alla propri religione, alle proprie tradizioni? E' ovvio che per noi alcune di queste tradizioni sono riprovevoli, in particolare la condizione della donna, tuttavia credo che trovare un compromesso rispetto alle loro esigenze potrebbe aprire delle porte al dialogo che oggi magari non si intravedono.


Oggi il Sindaco con queste dichiarazioni, più' ancora che con queste azioni, si dichiara contro un terzo dei Cittadini che amministra, e le chiusure verso la comunità bengalese potrebbero portare ad esasperazioni ed alimentare fortemente quella radicalizzazione che dichiara di voler combattere. Del resto questi atteggiamenti non fanno altro che creare allarme nella popolazione, e l'allarme crea paura , dalla quale facilmente nasce la rabbia. Un atteggiamento perlomeno prudente sarebbe stato quello di notificare eventuali chiusure per motivi tecnici, senza clamore , senza dichiarazioni sulla sostituzione (etnica) senza alimentare un clima di intolleranza che non fa bene a nessuno e che tutto sommato non appartiene alla comunità monfalconese.


A mio avviso un Sindaco che dichiara guerra all'Islam avendo nel proprio comune una comunità islamica che è circa un terzo della popolazione non fa del bene a nessuno. E' una posizione ideologica, che probabilmente viene ritenuta utile dal suo Partito di appartenenza , ma che non risolve i problemi, anzi, ne crea


Naturalmente il Sindaco ribalta la questione, e nelle sue dichiarazioni anche tramite alcune trasmissioni televisive su reti a diffusione nazionale, afferma che la sua è una difesa, una difesa dei "nostri valori e le nostre tradizioni" contro una crescente "islamizzazione" 


Si è parlato di un aumento della presenza di donne velate, di un ritorno ad una osservanza più' radicale delle prescrizioni islamiche in questi ultimi periodi. Ma è cosi' strano? Io credo che sia normale una comunità che non si sente accettata, che si sente isolata , tenda a compattarsi al suo interno ed a concentrarsi sulle proprie tradizioni. E teniamo conto di quali atteggiamenti sono stati suscitati da questo tipo di situazioni negli immigrati di seconda e terza generazione in altre città d'Europa. Perché se la prima generazione nata all'estero sopporta, in quelle successive che si sentono discriminate nella propria terra di nascita, la rabbia aumenta.


Le dichiarazioni e l'atteggiamento del Sindaco su questi temi possono creare purtroppo allarmismo nella popolazione residente, e frustrazione nelle persone immigrate, allontanandole le une dalle altre e creando un clima nel quale integrazione ed accettazione diventano molto difficili 


Credo che difficilmente si possa credere in questa visione di Monfalcone come una specie di Fort Alamo in difesa dei valori occidentali contro l'aggressione delle masse islamiche. Ritengo che questa "resistenza" vada vista piuttosto un atteggiamento di tipo ideologico, derivante da esigenze di tipo politico che non riguardano certamente il mantenimento dell'immagine dal Sindaco nel Territorio, perché non ha bisogno di questo, ma piuttosto funzionale ad alimentare un certo tipo di immagine del Partito di appartenenza, la Lega, a livello più' ampio, forse a livello nazionale .


Insomma una situazione  che non riguarda in realtà il Territorio, non riguarda Monfalcone ma utilizza Monfalcone  realizzando un "caso Monfalcone"  per creare una immagine mitizzata ed eroica  del partito della Lega che si erge in "difesa dei nostri valori e delle nostre tradizioni" , immagine che peraltro non riflette la realtà di un territorio nel quale i veri valori sono l'accoglienza la condivisione e la solidarietà. 

C'è solo da sperare  che questa realtà venga capita, prima che le situazioni esasperate vadano a creare una nuova più' triste realtà.