In un articolo molto interessante e, per certi versi, toccante Curzio Maltese su un recente Venerdi di Repubblica ha compiuto una analisi dei motivi economici ed emotivi che spingono ogni anno centomila nostri giovani a fuggire dall'Italia per cercare fortuna nel mondo. Sarebbe banale definirla una fuga di cervelli perchè non fuggono soltanto brillanti laureati, ma anche diplomati , ed in generale i giovani che non si rassegnano ad un futuro precario , senza garanzie, senza giustizia. Ne cito un passo " Se ne vanno anzitutto da un Paese ingiusto, il meno meritocratico d'Europa, dove le anti-virtù del familismo, del clientelismo e del servilismo contano assai più per trovare un lavoro di quanto pesino talento, onestà e capacità. Disgustati da un sistema dove un imbecille qualsiasi può ricoprire posti da favola soltanto perché fa parte di un clan o di un cerchio magico, mentre un genio della ricerca deve tirare a campare con un mensile miserabile. Se ne vanno da un Paese che ha perso troppi treni e bruciato il proprio futuro inseguendo pifferai da quattro soldi e ricette semplicistiche. Invece di pensare a un nuovo modello di sviluppo."
Ogni anno centomila giovani, possono sembrare pochi? Siamo un paese nel quale ormai nascono solo circa 500/600 mila bambini in un anno, e per comprendere le proporzioni potremmo che dire che un quinti di essi , appena raggiunge la maggiore età, lascia il Paese, e con loro se ne vanno le forze di un Paese ormai sfinito dalla corruzione, , dal clientelismo, dalla mancanza di prospettive. Cito ancora " Se ne vanno perché siamo un Paese ucciso dalla burocrazia e dalle tasse, che servono sempre di più a pagare gli interessi di un debito pubblico comunque fuori controllo, a mantenere apparati clientelari e per progettare grandi opere inutili o mai completate, ma non sono mai servite a ricostruire un welfare moderno, per esempio a varare una politica della casa per i giovani come nel resto d'Europa."
Una analisi lucida e spietata che rende l'idea di un Paese decadente, ormai in caduta libera .... E chi legge queste righe vive in modo astratto l'angoscia di un mondo in disfacimento. E' la stessa sensazione che prova chi vede il film dei fratelli Coen "Non è un Paese per vecchi" , con l'implacabile assassino interpretato da Javier Bardem che non lascia alcuna speranza a chi, semplicemente, lo ha visto in faccia. Nella nostra vita italiana l'implacabile è rappresentato da un sistema che si avvita su se stesso in una spirale senza uscita e non risparmia nessuno.
Non risparmia la sua meglio gioventu, che se ne va...ma non risparmia nemmeno chi rimane a vedere i propri figli andare via.
Perchè dietro questo fiume di giovani che parte in cerca di un futuro per se e per i propri figli si sono madri e padri, (senza dimenticare amici ed innamorati) che rimangono soli con un vuoto che non si puo' colmare. Posto che un figlio è sempre un figlio, i giovani che partono sono persone che hanno ancor piu' riempito la vita di chi stava loro attorno perchè sono persone vive ed intense che non si lasciano vivere ma che vogliono prendere in mano il proprio destino. Dietro ad una valigia che viene imbarcata verso la speranza c'è un posto a tavole che rimane vuoto, dietro i saluti impacciati alla stazione o all'aereoporto c'è il ritorno verso una casa in cui una stanza è rimasta vuota. Ed è una casa cui bisogna ritornare, è una vita che bisogna continuare a vivere. Certamente i figli se ne vanno, lasciano il nido e questo sta nell'ordine delle cose , Ma il sogno dei genitori (ormai cosi' ingenuo..) è quello di vederlo andare verso una nuova famiglia che si forma ed un giorno, magari, di far saltare dei nipotini sulle proprie ginocchia. Avere un figlio in un altro Paese, in un altro continente significa sapere che egli vivrà una vita che per i genitori sarà sempre piu' difficile comprendere ed impossibile condividere Poi ci sono i commenti consolatori di coloro i cui figlioli sono rimasti e nei quali si riflette la difficoltà di comprendere questa profonda malinconia , anche perchè chi vive questa cosa in modo astratto riesce ad individuare solo le motivazioni positive, le nuove possibilità, il coraggio di chi parte, le nuove prospettive, il fatto che il figlio in qualche modo sia sistemato..... Un figlio che parte verso un altro Paese per non tornare è una mutilazione che solo chi la prova puo' comprendere, ma è una mutilazione che si ha quasi vergogna di esibire perchè ha il sapore dell'egoismo di chi vorrebbe i figli sempre con se .
Questo è un Paese che nel gettare a mare la sua meglio gioventu', toglie molto anche alle Famiglie che restano. Questo è un Paese che allontana i figli, e getta i Genitori nello sconforto di appartenere alla generazione che ha reso possibile tutto questo. Ogni figlio è unico, ed in qualche modo è un mondo. Per coloro i quali lo amano certo, ma dovrebbe esserlo anche per il suo Paese che su questo giovane ha comunque investito e per il quale un domani potrebbe diventare veramente qualcuno. Ma un Paese nel quale le competenze non sono ormai piu' un valore, nel quale l'iniziativa personale è guardata con sospetto perchè rappresenta un qualcosa di nuovo che potrebbe turbare l'ordine immutabile ed ingessato che salvaguarda l'equilibrio delle architetture dei piccoli e grandi poteri , nel quale solo chi è integrato in certi meccanismi e possiede certe aderenze puo' essere "sistemato" egli è solo uno qualunque, uno....e quindi nessuno. Eppure sono centomila.....
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